Questa e' una delle misure in atto per la lotta alla contraffazione. Un altro provvedimento sara' quello di introdurre le banconote di plastica (sul modello australiano) entro il 2017. Altro cambio, ma solo di natura stilistica sara' quello della persona sulle banconote da 10 sterline, dove la scrittrice Jane Austen prendera' il posto di Charles Darwin.
In arrivo la nuova moneta da una sterlina. fara' parte dei nuovi piani contro la contraffazione.3/24/2014 La Royal Mint, la zecca britannica, si prepara a pensionare la mitica moneta da una sterlina, introdotta per la prima volta nel lontano 1983, e che ora, dopo 30 anni di onorato servizio, inizia a soffrire il virus della contraffazione. Troppo semplice, dicono gli esperti, tanto che una moneta su 33 circolanti e' falsa, una percentuale troppo alta per essere tollerata. E cosi' ecco pronta la nuova moneta da una sterlina, che avra' dodici facce e sara' bicolore (molto simile alla moneta da 2 sterline). Su una faccia ci sara' la regina, mentre l'altra avra' un disegno scelto tramite concorso. Questa e' una delle misure in atto per la lotta alla contraffazione. Un altro provvedimento sara' quello di introdurre le banconote di plastica (sul modello australiano) entro il 2017. Altro cambio, ma solo di natura stilistica sara' quello della persona sulle banconote da 10 sterline, dove la scrittrice Jane Austen prendera' il posto di Charles Darwin.
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Secondo il Global Financial Centres Index, l'indice mondiale dei centri finanziari, c'e' aria di cambiamento in vetta. Per la prima volta dal 2007, anno in cui l'indice fu iniziato, New York ha registrato il primato mondiale su Londra. Londra non e' stato poi l'unico centro finanziario del Regno Unito coinvolto. Il secondo centro infatti, Edimburgo, e' scivolato dalla 15esima posizione nel 2007 alla 64esima nel 2014 (addirittura dopo Mauritius). Un vero e proprio tracollo. La Gran Bretagna insomma non e' piu' cosi' sicura per gli investimenti finanziari. Segno di un declino europeo sempre piu' inesorabile, reso ancora piu' rapido dal disastro euro, dall'incertezza dell'Unione Europea e dal passo troppo lento dei centri finanziari europei rispetto a quelli asiatici. Due punti in particolare hanno spaventato i relatori dell'indice: il referendum indipendentista scozzese e l'incertezza sulla scelta del Regno Unito di rimanere o meno nell'Unione Europea. Uno solo di questi punti potrebbe far tremare Londra (ed affossare Edimburgo, in particolare nel caso del referendum scozzese), ma entrambi i punti insieme renderebbero l'Inghilterra indipendente e fuori dall'Europa una realta' troppo insignificante per giocare un ruolo finanziario primario nello scenario globale. Per recuperare la credibilita' bisognera' attendere settembre di questo anno per il referendum scozzese ed il 2017 per il referendum sull'Europa. Anche se l'idea di attendere ben tre anni per sapere il futuro del Regno Unito sembra eccessiva e troppo lunga, specie nel mercato dell'alta finanza dove ogni secondo e' fondamentale. La Royal Bank of Scotland si prepara a ridurre la sua divisione Investment Banking e la divisione delle Operazioni Internazionali, annunciando che ridurra' di un quarto la sua forza lavoro, che al momento e' di 120.000 dipendenti. La banca, che e' all'81% proprieta' del governo britannico, potrebbe quindi arrivare a tagliare fino a 30.000 posti di lavoro, includendo pero' il piano di riduzione del personale gia' annunciato di vendere due aziende controllate, Citizens negli Stati Uniti e Williams & Glyn in Gran Bretagna, che al momento impiegano rispettivamente 18.300 e 4.500 dipendenti. La scelta di vendere le controllate e di ridurre le proprie operazioni internazionali e quelle di investment banking arriva dopo un duro braccio di ferro tra il management della banca ed il ministro delle finanze, specie dopo il piano di salvataggio di 45.5 miliardi di sterline attuato durante la crisi del 2008, che di fatto ha statalizzato la banca. L'economia del Regno Unito e' in crescita oppure no? La crisi e' veramente alle spalle? La politica di deficit spending sta veramente funzionando? Domande come queste stanno in questi giorni dividendo gli economisti della Gran Bretagna nel determinare l'effettivo andamento dell'economia. Se per molti la crisi e' alle spalle, per altri non sembra essere passata, ed anzi si prospetta un futuro ancora piu' tetro. Gli ultimi dati statistici hanno visto l'inflazione scendere al di sotto del 2%, il limite imposto dalla Banca d'Inghilterra per rivedere i tassi d'interesse. Come primo dato, questa riduzione dell'inflazione puo' rappresentare, a detta di molti esperti, un dato positivo, considerando che la banca centrale non dovra' rivedere il tasso d'interesse, il costo del denaro rimarra' allo 0,5%, un livello decisamente minimo, considerando i livelli pre-crisi. Se poi si considera che il livello dei salari e' aumentato in Gran Bretagna del 1,5%, il dato di un'inflazione in calo dovrebbe considerarsi positivo, segno di un aumento del potere d'acquisto. Eppure c'e' chi analizza in dettaglio il calo inflazionistico, che e' stato negli scorsi mesi decisamente settoriale e non generale: a determinare il calo infatti sono stati i crolli dei prezzi dei settori dell'intrattenimento, dell'elettronica, della moda e del turismo, mentre considerevoli sono stati gli aumenti nei settori di energia, gas, combustibili e tabacco, settori che maggiormente risentono l'andamento generale dell'economia globale. Se analizzato il dato in dettaglio, questo calo inflazionistico non avra' dunque un valore positivo, piuttosto andra' ad indicare un calo dei consumi (che ha provocato il crollo dei prezzi dei beni di consumo) ed un aumento del costo della vita (causato dall'aumento esponenziale dei prezzi dei settori strategici). A peggiorare la situazione e' arrivato il dato della disoccupazione UK salito al 7.2%. Sebbene la situazione al momento sia migliorata dal 7.9% dei livelli della crisi, il dato resta alto e non, come previsto, in rapida diminuzione. Se si considera che il rapporto deficit/PIL della Gran Bretagna e' rimasto ancora ai livelli del 7.5%, non iniziando a scendere come invece previsto, l'indebitamento potrebbe diventare insostenibile sul lungo termine. Quello del referendum indipendentista scozzese sta diventando decisamente un affare "scottante" che sta trascinando gli animi della politica britannica, ma soprattutto che sta facendo sudare freddo anche il mondo economico. Giusto in settimana il cancelliere Osborne aveva lanciato una vera e propria minaccia al popolo scozzese in caso di un eventuale "si" al referendum sull'indipendenza, ribadendo che per la Repubblica di Scozia non vi sarebbe possibilita' di rimanere nella sterlina. Parole grosse, talmente grosse da creare un botta e risposta che non lascia al caso le interpretazioni. Il primo ministro scozzese Alex Salmond ha infatti affermato con determinazione che in caso si crei nello scenario indipendentista la fine dell'uso della sterlina per la Scozia, il paese non sosterrebbe piu' la sua quota di debito pubblico, in quanto difficile da definire, uscendo quindi dal Regno Unito senza alcun debito, ne' interesse sullo stesso. A sostegno della tesi di Salmond ci sarebbe il problema del calcolo dell'effettivo debito pubblico scozzese, visto che tutti i debiti del paese sono finiti per secoli nel calderone del debito pubblico britannico. Secondo i calcoli, il debito pubblico scozzese si aggirerebbe tra il 38% e il 62% del PIL nazionale, a seconda che si calcoli il debito in base al bilancio fiscale stimato oppure in base alla quota di popolazione. Nel primo caso la Scozia sarebbe esposta per 56 miliardi di sterline, mentre nel secondo caso lo sarebbe per ben 92 miliardi, uno scenario ben differente. La provocazione di Salmond pero' non ha trovato finora credibilita' a livello politico, molti infatti l'hanno definita un vero e proprio "bluff", anche perche' in ogni caso la Scozia sarebbe chiamata a rispondere per i debiti infrastrutturali contratti per le opere pubbliche, senza contare i vari bailout che si sono succeduti con in primis il caso della Royal Bank of Scotland, di fatto la banca candidata a diventare la banca centrale della Scozia indipendente, salvata con finanziamento pubblico britannico e che ovviamente non potra' sganciarsi dalle proprie responsabilita' finanziarie. Il 18 settembre si avvicina sempre di piu' e i timori crescono. La paura per il Regno Unito e' che il referendum scozzese dia l'esito piu' tragico che ci si possa aspettare e cioe' quello dell'indipendenza politica della Scozia. A mano a mano che le colonie sono diventate indipendenti e dopo l'indipendenza dell'Irlanda, la Gran Bretagna sta diventando sempre piu' piccola e perdere un pezzo strategico come la Scozia porterebbe la fine di tutto, con le indipendenze di Irlanda del Nord e Galles subito dietro l'angolo e la monarchia britannica costretta al dominio sul solo suolo dell'originaria Inghilterra. Il cancelliere Osborne e' sceso in campo questa settimana in favore dell'unita' politica, sostenendo con forza che una scelta di campo scozzese contraria all'unione dei paesi della Gran Bretagna comporterebbe l'automatica perdita della valuta comune e cioe' la sterlina. Questa minaccia pesa molto di piu' dei moti patriottici ed Osborne lo sa bene. Una volta persa la sterlina, l'eventuale Repubblica di Scozia si ritroverebbe nel baratro dell'Euro o addirittura di una vauta propria da rifondare da capo, con gli svantaggi causati dall'essere dipesi dalla Banca d'Inghilterra per cosi' tanto tempo. Allo stesso modo il discorso del cancelliere sottintende anche la macabra fine che farebbe di certo la Royal Bank of Scotland senza l'appoggio dei capitali inglesi, sprofondando nel baratro del fallimento e trascinando con se' l'intero paese appena nato. Intanto il tempo fugge e settembre e' dietro l'angolo, ma almeno il popolo scozzese e' stato avvisato. E' italiana una dei candidati alla vice-presidenza della Banca di Inghilterra. Si chiama Lucrezia Reichlin, economista, docente alla London Business School e figlia di Alfredo Reichlin, uno dei massimi dirigenti del Partito Comunista Italiano ed ex direttore de L'Unita'. La posizione in questione riguarderebbe da vicino la politica dei tassi di interesse e, stando alla volonta' dell'attuale governatore Mark Carney di voler rimondernare la prestigiosa istituzione, la Reichlin potrebbe essere una candidata molto valida. La scelta non sarebbe solo per il fatto di avere una vice-presidente donna, ma anche una persona di grosso calibro e di forte esperienza. La Reichlin infatti ha avuto precedenti esperienze con le principali banche centrali internazionali, incluse la Federal Reserve, la Banca Nazionale Svizzera, la Banca d'Italia, BCE e la Banca Centrale Svedese. Non resta che attendere dunque la scelta del governatore con l'auspicio che un'altra italiana possa occupare, dopo Draghi, un posto di responsabilita' in una delle principali banche centrali del continente. Dopo anni di crisi ed un aumento generale del debito pubblico, la Gran Bretagna inizia a guardarsi intorno per trovare investitori. Di certo Europa e Stati Uniti non possono essere considerati potenziali collaboratori, anche perche' sono in una situazione finanziaria piuttosto instabile. Ecco allora la potenzialita' di Cina ed Arabia che aprono le proprie finanze all'estero alla ricerca di investimenti per i milioni di dollari accumulati grazie a petrolio e manifattura. Primo accordo e' stato quello energetico che vedra' Cina e Gran Bretagna partecipare in un progetto congiunto per la costruzione di una centrale nucleare di nuova generazione (articolo in archivio), e per gli arabi c'e' qualcos'altro. Per la legge della Sharia, il codice morale della religione islamica, non e' possibile chiedere alcun interesse nelle transazioni finanziarie. Ecco dunque l'impossiblita' di vendere direttamente titoli di stato al mondo arabo, visto che l'interesse viene automaticamente incluso nei titoli. Per raggiungere questi potenziali acquirenti dunque il governo britannico ha studiato un particolare titolo di stato, i sukuk, che non prevedono tassi di interesse e sono conformi alle leggi morali della Sharia, e quindi acquistabili anche dai ricchi emiri del Medio Oriente. La prima emissione avverra' l'anno prossimo ed e' stimata essere di circa 200 milioni di sterline. Solo dopo aver scoperto l'esito delle prime emissioni il governo valutera' una seconda emissione. Una volta lanciati questi titoli, la Gran Bretagna sara' il secondo paese europeo ad aver lanciato i sukuk, dopo la prima emissione della Turchia con scadenza 2018. MG Dopo le polemiche che hanno visto al centro del dibattito le 10 sterline con l'immagine di Jane Austen, arriva un'altra novità per le banconote inglesi. La Banca d'Inghilterra ha annunciato piani per stampare banconote plastificate, cominciando con quelle di taglio più piccolo, a partire dal 2016. Il motivo, rendere più difficili le truffe su banconote falsate. La decisione segue uno studio triennale dell'esperienza di un'altra ventina di nazioni, tra cui Australia e Canada, che hanno già sperimentato il parziale passaggio dalla carta alla plastica per la propria valuta. Anche altri sarebbero comunque i vantaggi secondo chi le ha provate: si mantengono più a lungo in buono stato e sono resistenti ai liquidi (possono andare anche in lavatrice). La banca centrale inglese ha già stampato un certo numero di banconote del nuovo tipo per sottoporle al giudizio della gente nei prossimi due mesi. Finora le banconote del Regno Unito, come della stragrande maggioranza degli stati mondiali, erano fatte di fibre di cotone e lino. Le banconote di plastica sono ricavate da una sottile e trasparente pellicola di polipropilene, a cui vengono attaccati strati di inchiostro con cui modellare disegni e caratteristiche grafiche. Una specie di finestrella viene lasciata libera dall'inchiostro, come protezione contro i falsari ed è possibile inserire altri sistemi di sicurezza. La Banca d'Inghilterra sostiene che le nuove banconote sono più pulite, resistenti e durevoli: se ci si versa sopra del vino, riporta la Bbc, si possono pulire e riportarle allo stato originale senza che abbiano subito alcun danno. Ma sono anche sufficientemente sottili e flessibili da stare dentro un portafoglio o una tasca, proprio come quelle di carta usate finora. FC Discriminazione o semplice esigenza di rinnovamento? Le correnti di pensiero sono opposte, ma il bersaglio resta uno: la scelta di mettere sulle banconote da 10 sterline Jane Austen al posto di Charles Darwin. Tutto iniziò un nefasto giorno, quando, su decisione della Banca d'Inghilterra, Elizabeth Fry venne scalzata da Sir Wiston Churchill sulle banconote da 5 pound. A questo punto a difendere la categoria femminile sarebbe rimasto solo il faccione della regina, che campeggia sul retro di tutti i tagli. Ma l'attivista femminista Caroline Criado-Perez non ci sta. In un battibaleno organizza una raccolta firme sul sito web Change.org: un successo. Con 36.101 firme riesce nell'intento di sostituire il teorico dell'evoluzione con la scrittice di "Orgoglio e pregiudizio", piegando uno dei colossi dell'economia inglese, la Bank of England appunto. Ma non è tutto rose e fiori per la battagliera Perez. Con i messaggi di congratulazioni arrivano anche gli insulti su Twitter, tanto che la polizia ha arrestato un ragazzo di 21 anni per averla minacciata di morte. L’arresto però non ha placato le polemiche e l’esponente laburista Yvette Cooper ha messo sotto accusa il popolare social network Twitter, parlando di risposte inadeguate agli “inaccettabili e vergognosi” commenti. Da parte sua, Caroline Criado-Perez non poteva certo perdere l'occasione e ha fatto sapere di voler lanciare un'altra campagna per promuovere la tutela dalle minacce su Twitter. “Non ho mai visto un’aggressione così intensa. E’ davvero intollerabile che il prezzo da pagare per la difesa delle donne siano 24 ore di minacce di stupro", osserva. Insomma, per le donne la vittoria c'è stata. Ma l'ennesima battaglia rischia di diventare anche un pretesto per ridicolizzare e rendere meno credibile il femminismo, che per molti non ha più ragione di esistere. FC |
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